Come è fatta una protesi di gamba?

• 01 Gennaio 2018
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PARLIAMO DI

Come è fatta una protesi di gamba? e quali sono i passaggi necessari per costruirla ed imparare ad utilizzarla? Scopriamolo insieme!

Vi siete mai chiesti cosa si nasconde all’interno di una protesi di gamba? È davvero così difficile usarla all’inizio? In questo articolo imparerai i passaggi necessari per dare vita a questo gioiello tecnologico

Si ringrazia per la foto di copertina l’ ortopedia SANITOP di Dobbiaco (BZ) Sandro Serani

Si fa presto a dire “protesi di gamba“…Le più comuni protesi di gamba derivano dal tipo di amputazione che è stato necessario fare che si dividono sostanzialmente in due tipi: l’amputazione trans-femorale (amputazione sopra il ginocchio) ed amputazione trans-tibiale (amputazione sotto il ginocchio).  In questo articolo ci dedicheremo completamente all’amputazione trans-femorale, che tipo di protesi è necessaria per sopperire al disagio provocato scoprendo come è fatta e come deve essere usata. 

Appare scontato dire che una protesi motoria degli arti inferiori è l’oggetto che vi cambierà in meglio la vita da amputato ma è sempre bene ribadire in concetti: data la sua importanza risulta fondamentale iniziare a familiarizzarci il prima possibile e impararne il corretto uso.

Con ogni probabilità ti sarà capitato di vederne almeno una protesi dal vivo o in televisione (che da qualche anno hanno sdoganato i ridicoli tabù che ruotavano intorno al mondo della disabilità mostrando immagini e video di atleti o persone comuni che hanno fatto della propria disabilità uno strumento per raggiungere traguardi impensabili fino a qualche decina di anni fa).

Meraviglie tecnologiche capaci di ottenere risultati e prestazioni eccezionali. Cosa si nasconde dietro una protesi di questo tipo? Come è fatta una protesi di gamba? È davvero così facile utilizzarla?
Una protesi di questo tipo non nasce dalla mattina alla sera ma è indispensabile seguire un preciso iter che accompagnerà il paziente in ogni fase: da una richiesta ufficiale che dovrà essere presentata agli uffici competenti fino all’ingresso in un clinica ortopedica nella quale ci si pone come obiettivo quello di entrare utilizzando due stampelle e quello di uscirne con le proprie “gambe nuove di zecca.

Perché anche se artificiale sempre di “gamba” si parla. Non scordarlo mai.

Tralascio i dettagli di tutto l’iter burocratico che è necessario affrontare all’inizio anche perché ogni regione ha le sue regole (il mio consiglio è quello di farvi guidare dagli ATS di competenza del territorio) ma soprattutto è indispensabile suddividere i pazienti INAIL (infortuni sul lavoro) da quelli ASL (tutti gli altri) che hanno iter completamente diversi.
Io conosco personalmente l’iter di un infortunio ASL e quello che è importante sapere è che si inizia generalmente da un preventivo di massima che viene compilato da una clinica ortopedica la quale, dopo un’attenta valutazione, stilerà l’elenco dei costi di tutti i componenti ed i lavori necessari necessari alla realizzazione della protesi.
Questo elenco (o parte di esso) dovrà poi essere approvato da un fisiatra dell’ATS di competenza che ne approverà o meno i costi.
Tutto quello che non verrà approvato sarà, ahimè, a carico vostro.
Sarà solo dopo questi noiosi passaggi che inizia il lavoro in clinica, passaggio necessario per tornare finalmente in piedi.

Creazione del calco del moncone

Ogni protesi trans-femorale ha il medesimo punto di partenza: la creazione dell’invaso che ospiterà il moncone. L’invaso è la parte più importante dell’intera protesi: un invaso perfetto permetterà una deambulazione fluida e precisa. Senza tralasciare il fatto i dolori (muscolari o articolari) risulteranno inferiori o addirittura assenti. 

Al contrario un invaso difettoso, troppo largo, troppo stretto o modellato male darà all’amputato una sensazione di insicurezza (nel migliore dei casi) e sarà più frequente avvertire dolori piuttosto che problemi di equilibrio e postura rendendo difficile la deambulazione.

L’intervento viene eseguito da un ortopedico specializzato che modellerà il calco in gesso partendo dalla forma del moncone stesso cercando di levigarlo in maniera ottimale al fine di renderlo più lineare ed omogeneo possibile ed ottenere il massimo comfort per le prove successive.

È un intervento “artigianale” e la bravura del tecnico è la componente fondamentale per un risultato perfetto.

Tempo stimato : 1 ora.

Prova del calco e modifiche di stabilità

Quando il gesso si è raffreddato è il momento di provarlo direttamente sul moncone. Nel mio caso la protesi è dotata di una cuffia in silicone che termina con una vite che si aggancia all’invaso.

Indossata la cuffia il calco viene inserito su una staffa, si regola l’altezza sulla base a quella del paziente e si iniziano a provare e verificare tutti gli appoggi del moncone: quelli necessari (come quello dell’ischio, l’unico punto dell’anca capace di sopportare carichi pesanti e che permetterà lo scarico dell’intero peso del corpo verso la colonna vertebrale) a quelli da evitare (inguine, nervo ischiatico e la parte finale del femore).
La mia raccomandazione in questa fase è quella di caricare il più possibile sul calco e verificare che non si sentano dolori – o fastidi – apparentemente sopportabili in zone del moncone che non devono assolutamente fare male.
Siate quindi estremamente pignoli e meticolosi in questa fase ricordandoti che il dolore all’ischio è una cosa tutto sommato normale nel caso stiate provando per la prima volta una protesi (senza però esagerare…) ma è un dolore che scomparirà nelle settimane successive, quando sull’ischio inizierà a formarsi un callo osseo che fungerà da cuscinetto fra l’osso del bacino e l’invaso.

Nessun altro tipo di dolore sarà invece tollerato ed il tecnico dovrà necessariamente intervenire per risolverli.

Tempo stimato : 30 minuti.

Cuffia con il chiodo? Cosa è?

La cuffia con il chiodo viene utilizzata per amputazioni alte (moncone corto con poca superficie di aderenza) e permette una maggiore sicurezza nel contenimento del moncone all’interno dell’invaso, impedendone una fuoriuscita accidentale durante la deambulazione. Facile e pratica da indossare in commercio ne esistono di svariati materiali.
Il mio consiglio è quello di farvi consigliare da un tecnico di fiducia perché una scelta sbagliata rischia di compromettere la stabilità della protesi stessa

Montaggio invaso sul ginocchio

Una volta che la prova del calco è terminata quest’ultimo fungerà da impronta per la creazione del primo invaso in materiale termoplastico sul quale effettueremo le prime prove di deambulazione. È importante notare che nel caso di prima protesi spesso venga utilizzato un invaso plastico completamente trasparente piuttosto scomodo ma utile per verificare con i propri occhi cosa succeda all’interno dell’invaso durante la fase della deambulazione ed intervenire prontamente modificandone la forma (il materiale plastico viene riscaldato e rimodellato a proprio piacimento). Nella foto invece il materiale utilizzato è molto più morbido oltre che essere montato già su una scocca di carbonio e resina del tutto simili a quelli che saranno utilizzati nell’invaso definitivo. 
Nella parte inferiore dell’invaso viene sistemato (in maniera grossolana in questa fase) l’attacco che unirà l’invaso al ginocchio. Il tubo in carbonio sottostante, regolabile in altezza, terminerà nel piede a rilascio di energia coperto da un piede del tutto simile a quello che è possibile vedere nei manichini di un negozio di abbigliamento (personalizzabile a piacimento).
La protesi è pronta per essere indossata ed utilizzata.

Tempo stimato : da 1 ora (se dobbiamo sostituire un invaso su una protesi esistente) fino a 3 ore (nel caso si debba montare da zero tutti i componenti).

Prove di deambulazione

Siamo arrivati al momento più atteso di tutta la giornata: indossare la protesi ed iniziare a camminare.
La prima volta che indosserete una protesi sarete sommersi da una moltitudine di sensazioni che saranno avvertite in maniera diversa da persona a persona. Sarà del tutto normale provare sensazioni negative (instabilità e assenza di equilibrio) ma anche positive (sei di nuovo in piedi cavolo!).
Il feeling con la vostra nuova gamba non è immediato: ti sembrerà un elemento estraneo, scomodo e per niente funzionale. 
Senza farsi prendere dal panico (o dall’euforia) assicuratevi di essere in sicurezza fra 2 parallele di una palestra ed iniziate a familiarizzare. Non pensare a niente, a camminare, a guardarti o altro. A quello penserai dopo.
Aiutandovi con le braccia ben attaccate alle parallele iniziate a fare pressioni in tutte le direzioni nel vostro invaso. Date la caccia a dolori, fastidi o tutte le sensazioni spiacevoli che l’invaso sembra dare (troppo largo, troppo stretto o altro).

Tempo stimato : indefinito. Prendetevi tutto il tempo perché questo è il passaggio più delicato dell’intero processo di utilizzo di una protesi trans-femorale.

Regolazioni statiche e dinamiche

Dopo aver indossato la protesi trans-femorale e preso confidenza con l’invaso è il momento di provare a fare due passi
Raramente tutte le regolazioni dell’articolazione protesica sono perfette al primo tentativo: entrano in gioco componenti statiche (postura da fermo) e dinamiche (postura in movimento) che devono essere sistemate nel corso della prova per trovare la regolazione ottimale.
Per regolazioni intendo l’altezza della protesi, la corretta inclinazione del piede, del ginocchio, velocità e ampiezza dell’apertura e della chiusura di quest’ultimo piuttosto che traslazioni in avanti o indietro di tutti gli agganci, dall’attacco dell’invaso a quello della caviglia.
Ogni componente gioca un ruolo fondamentale nella deambulazione e nulla deve essere lasciato al caso.
I ginocchi moderni (dagli idraulici, agli elettronici fino ai più sofisticati ginocchi bionici) hanno poi altre regolazioni che devono essere registrate per ottenere il massimo comfort.
Ognuno di noi ha un proprio modo di camminare e la protesi non deve cambiarlo ma assecondarlo e, nei limiti del possibile, provare a migliorarlo.
Affidarsi a professionisti è cruciale: spesso dettagli che noi non riusciamo a percepire balzano agli occhi di un esperto che saprà porre rimedio velocemente proponendo soluzioni adeguate.

Tempo stimato : indefinito in quanto estremamente soggettivo.

Sembra facile camminare…

“Che sarà mai camminare, un passo dietro l’altro e via…”
La deambulazione non è altro che un susseguirsi di passaggi che impariamo da piccoli diventando velocemente un automatismo che facciamo in maniera del tutto naturale.
La differenza fra un adulto ed un bambino però è notevole e vi accorgerete immediatamente che deambulare non è così banale come sembra ma richiede attenzione, sensibilità e pazienza in ogni suo passaggio.
Se poi ad aiutarci in questo compito c’è una protesi esterna al nostro corpo con la quale non abbiamo ancora preso il benché minimo straccio di confidenza il risultato, almeno inizialmente, potrà non essere quello desiderato.
Vietato mollare!

L’attesa che sembra non finire mai…

L’attesa della costruzione dell’invaso definitivo – e quindi della protesi stessa – è indubbiamente il momento più noioso dell’intera giornata.

Questa fase inizia nel momento in cui diamo l’ok su tutto, dall’invaso alle regolazioni che sono state effettuate durante la fase di prova precedente (non avere fretta di bruciare i tempi e prenditi il tempo necessario per terminarle, anche giornate intere se si dovesse rendere necessario).

Ricordati una cosa: mentre provi è ancora possibile modificare la statica e la dinamica della protesi molto facilmente.
Diverso invece è chiedere modifiche importanti su un invaso definitivo: allargarlo o restringerlo è impresa ardua quando lo scheletro di carbonio e resina è ultimato.
Non preoccuparti e non caricarti di troppe responsabilità però: si può sempre tornare indietro ma un errore di valutazione che poteva essere intuito prima adesso ti farà perdere tempo e magari denaro.

Non rimane che aspettare la nuova gamba e passare il tempo nella maniera più rilassante possibile.
Il grosso è fatto.

Tempo stimato : anche mezza giornata, in base alla disponibilità della clinica.

Prove finali di deambulazione

La protesi è quasi terminata: l’invaso è ben sagomato, resistente e molto più accogliente.
i materiali hanno un comfort diverso ed indossandola ti farà provare un feeling diverso dall’invaso provvisorio. Vengono aggiunte porzioni di materiale ancora più morbido in corrispondenza di punti di pressione (ischio) e di sfioramento (inguine) per il comfort massimo.
Provatela e riprovatela decine di volte in ogni situazione: camminate per strada, sali una rampa di scale, affronta una discesa, rimani seduto un pò. Indossala e sfilala tutte le volte che vorrai: spesso basta indossarla mezzo centimetro più avanti o indietro per avvertire sensazioni diverse.

 

Tempo stimato : pochi minuti.
Il mio consiglio è di provarla fino a quando non sarete stanchi. 

Rifiniture finali

Questa fase non è obbligatoria: si tratta della fase nella quale ognuno di noi sceglie se lasciare la protesi “nuda”, protetta da una cover oppure rivestirla di gomma piuma rinforzata che simula lo spessore della vostra gamba sana.

Rivestire la protesi con gomma piuma
Scelta molto usata qua in Italia per un retaggio culturale diverso rispetto ad altri Paesi dove la disabilità viene vista in maniera molto più naturale e non come una vergogna da nascondere. 
VANTAGGI: esteticamente identica a quella naturale protegge il ginocchio in caso di cadute o sfregamenti leggeri. 

Lasciare la protesi libera senza rivestimento (o usare una cover)
È una scelta molto di moda nel Paesi anglosassoni (negli Stati Uniti nessuno le riveste più). Permette una camminata più fluida (il ginocchio non ha attriti). La protesi è più leggera e più facile da manovrare.Permette inoltre una migliore ispezione (ed eventuale pulizia) di tutte le sue componenti.

La protesi risulta però più esposta a urti e graffi ed è necessario fregarsene di quello che pensa la gente non appena la vedrà: indubbiamente non passerete inosservati quindi è bene prepararsi bene sotto l’aspetto psicologico e non farsi trovare impreparati.

A voi la scelta!

Consiglio spassionato

Quello che posso consigliare, una volta usciti dalla clinica, è quello di fare ad un bel ciclo di fisioterapia, soprattutto in caso di prima fornitura. Affidarsi a persone esperte che vi insegneranno di nuovo a camminare correttamente è fondamentale all’inizio per evitare di assumere difetti che poi sarà difficile togliere in futuro. Cercate un fisioterapista specializzato in protesi!

Sarà poi la quotidianità a stabilire se la protesi, in tutte le sue componenti, è perfetta per te.
Capita spesso che difetti che in palestra non vengono riscontrati appaiono nella vita di tutti i giorni: ti toccherà camminare su  marciapiedi non lineari, dovrai salire su rampe di scale irregolari oppure di stare seduto davanti alla scrivania in una certa posizione piuttosto che entrare in un’auto magari non spaziosissima. Movimenti magari non provati in clinica che potranno dare sensazioni diverse da quelle che avevi.
Non scoraggiarti se, una volta uscito dalla clinica, ti sembrerà di indossare una protesi piena di difetti. È tutto normale e quasi sempre un problema psicologico che imparerai a superare con l’esperienza.
Cosa fare in questi casi?
Imparare, con l’esperienza, a capire se le problematiche sono dovute al normale adattamento alla nuova protesi oppure sono dovute a errori o difetti costruttivi.
Nel primo caso armatevi di pazienza ed usate la protesi il più possibile per aumentarne il feeling.
Nel secondo caso invece è vostro diritto 
tornare in clinica e trovare una soluzione per evitare che fastidi iniziali possano trasformarsi velocemente in problemi più seri.

 Adesso sei pronto a fare due passi… Buon viaggio!

Si ringrazia per la foto di copertina l’ ortopedia SANITOP di Dobbiaco (BZ) Sandro Serani

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